Eno-archeologia, a Roma nasce il “Vino del Palatino”. Dopo, infatti, la produzione di olio e miele, come all’epoca dei Romani, la “posa” dei primi filari della Vigna Barberini su uno dei setti colli di Roma.
Ora è la vite, proprio come tramandano le fonti antiche, tra cui la “Naturalis historia” di Plinio il Vecchio, che raccontano la presenza, nella piazza del Foro Romano, di tre piante, simbolo della cultura romana: “Ficus, Olea et Vitis”.
Nasce da qui, con la “posa” dei primi filari di vite della “Vigna Barberini” sul Colle Palatino, il nuovo progetto del “vino del Palatino”. Ultimo progetto di eno-archeologia nel Parco Archeologico del Colosseo.
Ad annunciarlo è stata proprio la direttrice Alfonsina Russo: “ad aggiungersi alla produzione dell’olio degli splendidi ulivi del Parco e del nostro dolcissimo miele seguirà la produzione della bevanda per eccellenza tanto decantata nel corso dei secoli, del “nettare degli dèi”, il vino del Palatino”.
Il vino del Palatino: dall’antica Roma a oggi
La ricerca storica e archeologica sui vini di eccellenza nell’antica Roma ha portato alla conoscenza di un antichissimo vitigno autoctono. Plinio lo chiama “uva pantastica”, da cui deriva il vino Bellone, coltivato nella provincia di Roma e in quella di Latina.
La coltivazione della vite è sempre stata di rilevante importanza per tutte le civiltà ed ebbe un ruolo molto importante anche nella civiltà romana. I Romani, infatti, furono eccellenti viticoltori.
Il Parco Archeologico del Colosseo conserva ancora nella sua toponomastica delle aree chiamate “vigna”, nel senso più esteso del termine. Ovvero orti, e nelle indagini archeologiche e nelle carte storiche la presenza dei vigneti è ben documentata. Da qui l’idea di impiantare una piccola vigna. In un ambito del Colle Palatino denominato appunto “Vigna Barberini”, dalla famiglia romana che nel Seicento ne deteneva la proprietà.
La produzione del “vino del Colosseo” rientra nel progetto “Parco Green”. Progetto ispirato alla “Green Economy”, e lanciato per ridurre l’impatto ambientale, conservare l’ecosistema e la biodiversità.
Il Parco, infatti, non è solo un sito archeologico. Ma anche una grande area verde che si estende per più di 40 ettari (considerando solo il territorio del Foro Romano e del Palatino) nel cuore di Roma.
Un “parco naturale” in cui la vegetazione spontanea, tipica dell’area mediterranea, convive con i grandi alberi piantati negli ultimi secoli, allo scopo di far rivivere lo spirito dei giardini imperiali e dei rinascimentali Horti Farnesiani che, in fasi successive, hanno abbellito la sommità dell’antico colle.