Un’altra eccellenza italiana, ma non solo, entra nel registro Unesco come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità: è la transumanza, l’antica pratica della pastorizia.
La Transumanza ovvero la tradizionale pratica di migrazione stagionale del bestiame, è stata iscritta, all’unanimità, nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco. In questo modo l’Italia acquisisce il primato di iscrizioni in ambito rurale e agroalimentare, superando Turchia e Belgio.
La Commissione Unesco, riunitasi a Bogotà, ha deciso per il riconoscimento di una candidatura che ha visto l’Italia capofila di una alleanza con Grecia e Austria, avanzata nel 2017 per tutelare una pratica ancora oggi diffusa sia nel Centro e Sud Italia, dove sono localizzati i Regi tratturi, partendo da Amatrice e Ceccano nel Lazio ad Aversa degli Abruzzi e Pescocostanzo in Abruzzo, da Frosolone in Molise al Gargano in Puglia. Pastori transumanti sono ancora in attività anche nell’area alpina, in particolare in Lombardia e nel Val Senales in Alto Adige.
Transumanza: una storia antica
La storia della transumanza affonda le radici nel III secolo A.C e che si protrae per molti secoli in tutta l’Europa meridionale e buona parte del bacino del Mediterraneo. Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Carpazi, Balcani e Italia sono i paesi in cui veniva praticata con regolarità. Per secoli e secoli le regioni dell’appennino centro-meridionale e le zone di pianura di Puglia, Campania e Maremma laziale-toscana, sono state tra le più attive per quanto riguarda la pastorizia transumante.
In Italia questa antica tecnica iniziò ad essere praticata in Abruzzo, Molise e Puglia, con estensioni verso il Gargano e le Murge. Consisteva nel far migrare gli animali dai pascoli in quota dei monti abruzzesi e molisani, a quelli più verdeggianti e miti del Tavoliere delle Puglie e del Gargano. L’importanza di questa attività era tale da essere amministrata e gestita da due istituzioni appositamente predisposte durante il Regno di Napoli. Esse erano la Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia e la Doganella d’Abruzzo.
Oggi la pastorizia transumante viene praticata soltanto da pochissimi allevatori rimasti ad esercitare quindi un ruolo importante quali fedeli custodi di questa tecnica così buona e antica che finalmente ha trovato finalmente un celebre riconoscimento a livello mondiale.
Il voto positivo dell’Unesco – evidenzia la Coldiretti – certifica il valore della tradizionale migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che, insieme ai loro cani e ai loro cavalli, si spostano dalla pianura alla montagna, percorrendo le vie semi-naturali dei tratturi, con viaggi di giorni e soste in luoghi prestabiliti, noti come “stazioni di posta.
Un riconoscimento quindi importante, che conferma il valore sociale, economico, storico e ambientale della pastorizia, che coinvolge in Italia ancora 60.000 allevamenti e che tutela un’attività ad elevato valore ecologico e sociale poiché si concentra nelle zone svantaggiate e garantisce la salvaguardia di ben 38 razze a vantaggio della biodiversità del territorio.