La pizza italiana ha ufficialmente conquistato il nuovo millennio, tra creazione «gourmet», lievitazioni da maestro e menù degustazione. Ma quando arriverà la prima stella in pizzeria?
La pizza italiana è protagonista di una “diversità” di cui andare fieri e contenti, visto che ciò vuol dire poter mangiare tante diverse, buonissime pizze, di tipo diverso, dalle Alpi alla Sicilia.
Per anni i riflettori sono stati puntati incessantemente su chef e ristoranti, cucina da cucinare e cucina da guardare.
I trend delle ricerche su Google e l’audience dei programmi televisivi è letteralmente esplosa, con impennate degne della finale dei mondiali. La qualità si è alzata in modo vertiginoso, e così l’offerta, con un susseguirsi di nuove aperture, franchising e format da esportazione.
Nelle grandi città come Milano si seguono con attenzione le aperture di nuove bakery gourmet e di pizzerie di ottimo livello. A Roma si torna a parlare con orgoglio di pizza al taglio e di pinsa.
Pizza is the new black! All’anonima pizza italiana sotto casa si preferisce oramai fare la coda davanti a quella più in voga.
Ad oggi la guida di riferimento nel settore è la Guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso, anche nella Guida Ristoranti dell’Espresso un intero capitolo è dedicato alle pizzerie. Nella Guida Rossa della Michelin, la Bibbia della ristorazione di qualità, però i locali segnalati sono solo otto, di cui sette a Napoli e solo uno a Verona. Stelle, nessuna.
Il motivo ufficiale sembrerebbe essere un problema tecnico di valutazione. I criteri con cui gli ispettori valutano sono i medesimi in tutto il mondo, per ogni cibo: qualità della cucina e costanza nel tempo.
Come spesso accade, la società però è più avanti della politica, e molti locali che ci ostiniamo a derubricare a “pizzerie” sono in realtà ristoranti veri e propri che offrono esperienze che vanno oltre a quella semplicemente culinaria.
Il primo a provarci è stato Simone Padoan che con il suo I Tigli, ha lanciato un nuovo concetto di ristorazione. La sua intuizione di servire una pizza in cui lievitazione e cucina d’autore diventano un tutt’uno in quella che ad oggi conosciamo come pizza gourmet.
A pochi chilometri di distanza, Renato Bosco, imprenditore di successo con sei locali Saporè all’attivo, offre un ambiente di design, una cantina dei vini e sei tipologie di pizza, diverse per forma, consistenza lievitazione e cottura.
Anche a Napoli la pizza non è più quella di una volta, e a fianco alle pizzerie di tradizione di Via dei Tribunali, si sperimenta. I Fratelli Salvo ad esempio offrono menù degustazione per due o quattro persone, con vini in abbinamento, e da Concettina ai Tre Santi, il giovane Ciro Oliva propone un menù degustazione di 12 portate più piccola pasticceria e dessert.
A Caiazzo, provincia di Caserta, arrivano da mezzo mondo per mangiare la pizza italiana di Franco Pepe, premiato come miglior pizza del globo dagli americani e da ogni classifica nostrana.
Da Pepe in Grani la pizza diventa progetto culturale, rilancio territoriale, ospitalità e degustazione, con sale dedicate e, ultima nata, Authentica, la pizzeria più piccola del mondo, con soli 8 coperti, per un’esperienza a tu per tu con lo chef. Pardon, il pizzaiolo. Accanto alla tradizione che vedeva scontrarsi i due formati cardini della pizza italiana, napoletana e romana, si aggiunge la nuova “pizza degustazione”.
La vera pizza napoletana è soffice e sottile, facile da ripiegare su sé stessa e da mangiare per strada, come la famosa “pizza a libretto”. Nel cornicione, che di solito è un po’ più spesso e bolloso per via della lievitazione, viene racchiuso il condimento. Obbligatoria la cottura nel forno a legna.
All’interno della stessa città e della Campania in generale, poi, ci sono ulteriori “sotto-categorie” di pizza napoletana. Di recente diffusione sono le “pizze canotto”, spesso perfettamente tonde e con il cornicione esagerato.
Famose sono le pizze “a rota di carro” (sottili e larghe, spesso più del piatto, e dalla forma piuttosto irregolare) tipiche del centro storico, come Da Michele da Sorbillo.
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Per altri, magari cresciuti a diverse latitudini, la pizza è quella sottile e croccante, di tradizione romana.
Non mancano poi le pizze al taglio, quelle fritte, quelle dall’impasto alto e soffice che viene utilizzato spesso come base “pura” per condimenti elaborati (o anche per squisite versioni più classiche).
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Tra le caratteristiche della moderna “pizza gourmet” c’è quella di essere servita al tavolo già divisa in spicchi, ognuno dei quali viene guarnito singolarmente con tutti gli ingredienti in modo da comporre un “boccone ideale”. E’ perfetta da condividere al tavolo con gli altri commensali, ordinandone diversi tipi da assaggiare uno alla volta evitando che si raffreddi.
In Italia possiamo trovare poi altri formati più o meno tradizionali. A parte la pizza fritta ,vera regina delle strade napoletane, troviamo la pizza al taglio, grande must romano ma non solo.
Poi c’è spazio per la novità e la sperimentazione. Pensiamo per esempio ai buonissimi Trapizzini di Stefano Callegari ossia tasche triangolari di pasta da pizza in teglia farcite con i sughi veraci della tradizione romanesca.
Un altro must sono le pizzette tonde farcite in maniera golosa proposte da Trieste Pizza, a Pescara, a Roma e pure a Londra.