Il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2019 rileva una continua crescita del settore e ne identifica significative tendenze evolutive
Quello del mondo del vino rappresenta ormai un segmento maturo, ma che, nel più vasto mercato del turismo enogastronomico, corre il rischio di una certa ripetitività dell’offerta. In sintesi è ciò che emerge dal secondo Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2019, curato da Roberta Garibaldi (qui il nostro articolo sui nuovi trend del settore)
sotto la supervisione scientifica della World Food Travel Association e dell’Università degli Studi di Bergamo.
Italiani: dei veri wine lovers
Per quanto riguarda il settore dell’enoturismo, il 44% dei turisti italiani ha partecipato ad un evento vinicolo nel corso di viaggi compiuti negli ultimi tre anni (nel 2017 erano il 35%), e il 63% ha espresso a questo proposito un giudizio positivo. Interessante notare che esiste ancora una domanda potenziale inespressa nei confronti di questa tipologia di eventi, pari al 17% del totale degli intervistati, che si dicono interessati anche se non hanno mai partecipato.
Sempre negli ultimi tre anni il 56% dei turisti italiani ha visitato una cantina (nel 2017 erano il 41%). Tra i motivi che hanno spinto a non partecipare a questo tipo di attività c’è:
- la mancata conoscenza e/o assenza di informazioni (37%)
- la non fruibilità delle strutture al pubblico e/o la non disponibilità in date e orari prescelti (33%)
- infine la mancanza di interesse (30%)
Il futuro del turismo del vino
Tra i concetti chiave che emergono dal Rapporto c’è quello di “turismo esperienziale”. A questo proposito Antonio Balenzano, presidente delle Città dell’Olio, scrive che “il turismo del futuro sarà sempre più orientato verso tutto ciò che è autentico, alla ricerca di esperienze uniche”.
Un secondo concetto chiave è quello di segmentazione dell’offerta, nei confronti di turisti che dimostrano sempre più di avere un profilo trasversale in termini di provenienza, reddito e istruzione. “Il numero dei visitatori delle cantine – scrive Donatella Cinelli Colombini, presidente Le Donne del vino – crescerà. Aumenteranno le donne (…) e aumenteranno soprattutto le esigenze dei visitatori, per i quali sarà necessario predisporre visite della cantina diversificate”.
Un terzo elemento chiave è infine quello di innovazione. “(…) garantire professionalità con competenze specifiche sul territorio e sul prodotto – scrive Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc – capacità di raccontare in modo gratificante la propria cultura e tradizioni, creare format sempre nuovi e che “sforino”, anche oltre il solo vino”. Sì, perché tra le determinanti della scelta delle mete di viaggio il turista enogastronomico dà oggi importanza alla cultura e alle tradizioni del territorio (46%, a risposte multiple), alla bellezza dei posti (44%) e solo in terza istanza alla “possibilità di degustare prodotti, e visitare relativi luoghi di produzione” (36%).
Il turismo del vino, in altre parole, dovrà in futuro sempre più imparare a rivolgersi non solo agli appassionati, ma anche ai turisti genericamente interessati alla cultura di un territorio.
Spazio dunque non più solo alle tradizionali degustazioni, ma per esempio ai dog-trekking tra le vigne di Franciacorta, piuttosto che al fenomeno delle “family wineries”, dove anche i bambini vengono accolti in cantina con attività appositamente studiate per loro. E soprattutto, al desiderio dei turisti italiani: il 68% vorrebbe che l’Italia avesse un museo nazionale dedicato alla sua ricchezza enogastronomica.