Negli ultimi anni, anche a causa della pandemia, si è assistito ad un vero e proprio “ritorno alle origini”, con numerose famiglie e giovani che hanno scelto di abbandonare la città a favore di una vita più lenta, a contatto con la natura.
C’è, però, chi questa scelta l’ha compiuta da tempo, come Federica Minorini, giovane donna che alla città e al lavoro in banca ha preferito il borgo e una vita in fattoria.
Siamo a Fiumalbo, un comune della provincia di Modena, inserito tra i Borghi più belli d’Italia. Più precisamente, siamo in un luogo paradisiaco ai piedi del Monte Cimone che si chiama ‘Campo delle Sore’.
Ciao Federica, raccontaci come è nato il tuo lavoro in fattoria
Ho una fattoria da diverso tempo. Più precisamente, ho iniziato nel 2015, con pochi animali, circa 30 pecore. Oggi contiamo ben 140 pecore più 20 caprette, senza contare le galline e altri animali.
Mi piace dire che, giorno dopo giorno, abbiamo ripopolato la fattoria, abbiamo anche aggiornato il caseificio con tutte le norme più recenti.
Di che cosa ti occupi, nello specifico, nel caseificio?
Nel mio caseificio lavoro principalmente il latte crudo; produco poi anche lo yogurt e, in estate, alcuni formaggi freschi. Prevalentemente, però, mi concentro sul latte e sulla produzione di pecorino.
Che cosa ti ha guidato verso questa scelta?
Era il 2015 quando decisi, insieme al mio compagno, di rilevare l’azienda di mio suocero. E’ stata una scelta di cuore, ed è subito diventato il mio lavoro principale.
Avevi un altro lavoro, corretto?
Esatto, infatti ho abbandonato il mio lavoro precedente, in città, poiché desideravo tornare a vivere sui monti. Mi dispiaceva poi che la tradizione della ricetta del formaggio del luogo – il pecorino lavorato a latte crudo – venisse persa e dimenticata dalle generazioni future.
Attualmente stiamo infatti mantenendo la lavorazione del pecorino proprio come faceva mio suocero, tutto a mano, secondo la tradizione, aggiungendo solo un goccio di caglio nel latte. E’ un grande orgoglio, perchè si tratta del primo formaggio ad essere stato inventato.
La scelta di vivere lontano dalla città è molto attuale, anche a causa della pandemia. Che cosa ti ha spinto qui?
Io avevo già da un po’ di tempo il desiderio di tornare a vivere qui e, al tempo stesso, non ero convinta di vivere in realtà più grandi. Per me si tratta proprio di vivere la giornata in un altro modo, in un modo più sano, a ritmi più umani. Non ho avuto grandi dubbi a cambiare la mia vita.
Hai scelto di aprire la tua azienda all’aspetto turistico?
Sì, noi lavoriamo e vendiamo anche grazie al turismo di Fiumalbo, che ha una posizione strategica tra Emilia Romagna e Toscana (siamo a 5 km da quest’ultima).
Siamo anche una fattoria didattica e infatti lavoriamo con le scuole, senza dimenticare le famiglie che ci vengono a trovare in estate, durante le camminate in montagna. Vedere i bimbi che scoprono la vita degli animali, raccontare loro il nostro lavoro per me è una soddisfazione bellissima.
Come si vive in fattoria? Raccontaci la tua giornata tipo
Ci svegliamo la mattina e, come prima cosa, ci occupiamo di tutti gli animali e della mungitura. Durante il giorno, in generale, in campagna c’è sempre tanto da fare: se ci aggiungi anche il lavoro del caseificio, capisci come la giornata vola davvero!
Nel frattempo ho anche avuto due bambini e quindi gestisco anche la famiglia. Infine, da maggio a novembre abbiamo il pascolo fuori, a cui pensa mio marito, che porta le pecore per tutto il giorno, arrivando in estate anche alle pendici del Cimone (il maggiore rilievo dell’Appennino settentrionale e dell’Emilia-Romagna, ndr).
Pensi che, in qualche modo, la tua scelta di vita possa segnare quella di molti giovani in futuro, con un “ritorno” alle origini e alla vita in campagna?
È difficile da dire, io per esempio non so che cosa faranno in futuro i miei bambini. Ovviamente spero si occuperanno della fattoria, ma non lo so ancora.
Vedo che i giovani del posto non sono così interessati ad avere animali, è una vita difficile perché devi essere qui 24 ore su 24, senza ferie, vacanze, weekend via.
Attualmente noi siamo i pastori più giovani della zona, io spero che qualcuno seguirà queste tracce, forse non a 20 anni, ma a 30 o 35, quando nella vita cambiano le priorità. Confido che le nuove generazioni capiscano che qui, come in molti luoghi d’Italia, c’è una forte tradizione da mantenere, da non dimenticare.