Brusadin

Parlare con Alessio Brusadin è molto più che scrivere un’intervista. Ascoltare il racconto della sua vita è immergersi in un mondo fatto di passione e di deliziose marmellate, dei veri e propri dessert che nascono ogni dalla creatività di uno dei più grandi chef italiani.

Buongiorno Alessio, raccontaci il tuo percorso

Ho alle spalle ben 30 anni di cucina, ho iniziato partendo da giovane per l’Inghilterra, io la definisco la prima tappa del mio tour mondiale. Personalmente mi sono trovato bene, a mio parere si può vivere Londra in un modo pazzesco, trovando ogni tipologia di ristorante e di lavoro: si possono davvero vivere tante esperienze gastronomiche diverse e crearsi un bagaglio unico.

A Londra lavorato per diversi anni in alberghi 5 stelle, ho anche avuto l’onore di lavorare nel primo ristorante italiano – quello di Marchesi – che in UK ha preso la stella Michelin: un’emozione indescrivibile.

Dai ristoranti “altrui” al primo ristorante tuo

Sì, ad un certo punto ho sentito che era arrivato “il mio momento” e ho deciso di aprire un sandwich bar. Erano gli gli anni ’90, era un periodo molto facile, molto vivo, c’era una grande facilità di fare impresa. Questa esperienza è stato molto bella, e abbiamo anche vinto come miglior ristorante italiano a Londra!

marmellate brusadin
Le marmellate di Alessio Brusadin

Poi cos’è successo?

Poi sono rientrato in Italia, ho lavorato a Capri e al Grand Hotel su Lago di Garda, de esperienze bellissime. Ad un certo punto Londra mi ha richiamato e sono tornato in Inghilterra, questa volta con un’idea diversa, quella di aprire una catena di ristoranti di pasta, quindi ho ricoperto il ruolo di Executive Chef in un nuovo gastro-pub, ed è stato meraviglioso.

Acquistavamo e lavoravamo solo materie prime di altissima qualità, comprandole direttamente dagli allevatori: i nostri sforzi ci hanno permesso di vincere il premio come migliore gastro-pub d’Inghilterra.

Un premio dopo l’altro, chissà che emozione!

Decisamente sì. E’ stato un periodo magico, che ricordo con felicità. Poi, però, con il credit crunch è cambiato tutto: sono tornato in Italia e ho aperto un ristorante in Alto Adige, forse è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto.

Come mai?

Vivere in Alto Adige da italiano è complesso. E’ stata sicuramente una bella esperienza, ma ad un certo punto ho concluso, diciamo, il “ciclo dei ristoranti” e volevo dare una svolta alla mia vita. Quindi ho inventato un modo per uscire dalla cucina “senza uscire dalla cucina” e ho incanalato, o meglio, invasato la mia passione nei vasetti.

E’ così che è nata la tua produzione?

Esattamente, ho iniziato a produrre marmellate e intanto sperimentavo, poi ho creato il mio marchio. In 3 anni il progetto è letteralmente decollato, quindi ho deciso di investire nel mio laboratorio.

Qui creo ogni giorno un prodotto che abbia davvero un valore aggiunto, anche a livello di esperienza.

Non parlo solo di marmellate, cerco proprio di dare un tocco in più in tutto, dalla ricetta alla scelta dei prodotti.

I chutney

Che cosa “crei” nel tuo laboratorio?

Creo confetture speciali e chutney agrodolci di frutta e verdura, tutto questo senza il minimo uso di conservati, né coloranti o addensanti. Dico spesso, con orgoglio, che la mia è la lista ingredienti più corta di sempre!

Proprio per questo, d’altro canto, la difficoltà maggiore è creae un prodotto che duri nel tempo, sia come durata fisica che come qualità.

Dove acquisti le materie prime?

Mi rifornisco spesso al mercato di Treviso, qualcosa la compro anche direttamente dalle aziende agricole, per esempio gli agrumi di Sicilia.

Raccontami alcuni mix assolutamente da assaggiare

Ti direi sicuramente la marmellata con arancia, frutto della passione e whiskey torbato.

La nostra “confettura bandiera” è invece una marmellata a base di arance con fichi secchi, datteri, noci, semi di finocchio e rhum, che racchiude tutti i sapori della tipica tavolata a Natale. La trovi tutto l’anno.

E poi ancora: prugna e pera cotogna, mango, banana e frutto della passione, oppure fichi, melone e vintage porto di 20 anni.

Senza dimenticare il chutney con albicocca, zenero e miele.

Sembrano quasi dei dessert!

Sì! Sono dei veri e propri desserti trasformati in marmellata. Considera che negli anni gli abbinamenti mi vegono sempre più naturali, ovviamente devo semore trovare il giusto bilanciamento, è un prodotto che deve mantenersi nel tempo, e questa è la più grande sfida.

Ci sono, infatti, ingredienti che tendono a svanire o a prendere il sopravvento nel tempo come sapore, perchè il sapore evolve anche in un barattolo di vetro!

Che cosa significa, oggi, essere imprenditori in un settore dinamico come quello gastronomico?

Essere imprenditori in Italia non è semplice, noi abbiamo il vantaggio di essere flessibili, riusciamo a tenere la rotta anche se a volte il mare è in tempesta, per assurdo con la pandemia abbiamo avuto un vantaggio perchè le piccole botteghe lavoravano di più e spesso si rifornivano da noi.

Il grosso, comunque, lo facciamo con l’ingrosso, abbiamo circa 300 negozi in italia.

Che cosa consigli a d un giovane che desidera portare avanti un discorso di gastronomia?

Gli direi che sicuramente i primi anni non sono semplici, c’è tanta gavetta da fare, ma questo è un lavoro che, se portato avanti con passione, ha anche tanti lati positivi. Primo tra tutti, si trova lavoro molto facilmente, uno può cambiare quando vuole, ormai i ristoranti italiani si trovano ovunque, e le soddisfazioni personali che dà questo lavoro sono impagabili.

Dico sempre che nell’ambito gastronomico la meritocrazia è elevata, c’è davvero una scrematura forte perché se sei bravo e vuoi lavorare, facendo dei sacrifici, davvero puoi fare una bella carriera e raggiungere livelli elevati.

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