“Scegli un lavoro che ami e non lavorerai nemmeno un giorno della tua vita” scriveva Confucio. Potrebbe essere questa la premessa alla storia di Valentina Casetta, sommelier e accompagnatrice turistica, che vive e lavora in Piemonte. E’ qui, tra le colline del Monferrato, i vini delle Langhe e i profumi del Roero che Valentina ci racconta la sua storia.
Ciao Valentina, come nasce la tua passione?
Sono nata e cresciuta in Piemonte, in provincia di Asti; posso dire che la mia passione nasce con me. Credo che chi vive in un territorio come questo, dove buona parte delle attività è legata al settore enogastronomico, debba avere una base di know-how proprio per aiutare le persone a scoprire il fascino di questi luoghi. Il compito di noi “local” è proprio quello di capire e spiegare il territorio in cui viviamo, diventandone ambassador. Soprattutto in questo periodo, dove dopo il lockdown il consumatore è diventato più attento ai prodotti che consuma.
Come ti sei avvicinata a questo mondo?
Sono cresciuta tra vigneti e cantine e, avendo aiutato i viticoltori durante le vendemmie, mi sono avvicinata in modo naturale a questo settore. Le attività a cui ho avuto la fortuna di partecipare per tanti anni mi hanno avvicinato al territorio e mi hanno reso particolarmente sensibile a questi temi. Dopo l’Università, in cui mi sono laureata in Economia, ho iniziato a lavorare nel settore, e da lì mi sono appassionata al concetto di “abbinamento cibo e vino“.
Raccontaci, nel concreto, i tuoi studi.
Dopo la laurea e una breve esperienza in contabilità, ho seguito nel 2014 il corso AIS – Associazione Italiana Sommelier – ottenendo l’attestato nel 2015. Questo mi ha dato un buon bagaglio di nozioni, che ho poi approfondito con la pratica, visitando le realtà del territorio.
Dal 2018, poi, faccio parte del panel di degustazione di una società che si occupa di analisi del vino; è un modo per continuare “a fare pratica” e sensibilizzare i sensi.
Inoltre, tengo dei corsi da docente online, nati durante il primo lockdown (prima erano in presenza); posso dire che restando a casa ho sperimentato anche io questa nuova modalità.
Infine, ho anche frequentato il corso di accompagnatrice turistica, che in qualche modo “ha chiuso il cerchio” delle mie competenze, operando in un territorio che vive di turismo. Considera che quando ho iniziato a muovere i miei passi, circa otto anni fa, non esistevamo corsi professionalizzanti. Mi sono costruita il mio percorso da sola, compiendo le mie scelte giorno dopo giorno.
Dal tuo punto di vista, come sta cambiando il turismo enogastronomico in Italia?
Lavorando in questo settore, dopo il lockdown vedo un grande desiderio da parte dei consumatori di riscoprire questi territori. Rispetto al 2019, anno pre-Covid, il nostro territorio sta registrando un aumento di visitatori e di prenotazioni. C’è una voglia, tangibile, di ripresa, ma non solo: i cosiddetti wine lovers con cui lavoro, sono al giorno d’oggi più informati e più preparati rispetto anche solo a pochi anni fa.
In generale, inoltre, noto una maggiore curiosità dei visitatori nella scoperta delle cantine, più interesse all’abbinamento cibo e vino: è come se questo legame fosse stato accentuato dai mesi trascorsi a casa con il lockdown.
Che cosa significa, oggi, essere guida enogastronomica?
Credo che questa sarà una figura sempre più richiesta nel settore. Il mio ruolo, di fatto, funge da trade d’union tra i produttori di vino e la comprensione del prodotto del consumatore finale. E’ l’obiettivo del mio lavoro: tradurre il tecnicismo semplificandolo e rendendolo più poetico. La formazione, in questo ambito, non si deve mai fermare perchè si rischia di perdere la capacità di unire il prodotto al consumatore finale. È anche un lavoro di empatia, e soprattutto di dialogo.
Che tipo di consiglio ti senti di dare a chi desidera svolgere la tua professione?
Questo tipo di settore spesso entusiasma i giovani, ma per lavorarci nel tempo, oltre alla passione, servono costanza, attenzione e impegno nei confronti del cliente finale. E’ un po’ come “mettersi a servizio”, diventare uno strumento di approfondimento, essere in grado di dare un vero valore aggiunto. Noi siamo parte di un’esperienza, non dobbiamo mai dimenticarcelo.
Consiglio, a chi desidera intraprendere questo percorso, di mettere tutto se stesso, di dedicare attenzione costante all’altra persona. Noi accompagnatori turistici dobbiamo riuscire in poche ore a regalare veramente una bella emozione del territorio, entrando in empatia con le altre persone.
Per esempio, i produttori delle Langhe, del Monferrato o del Roero hanno personalità diverse, e conoscerle è importante nel mio lavoro. Se vogliamo, è un aspetto antropologico da tenere in considerazione e che mi permette di contestualizzare alcuni comportamenti.
Senza dimenticare, infine, la conoscenza delle lingue; in questo senso, le nuove generazioni partono da livelli elevati.
In quanto ambassador del territorio, quali itinerari consigli in Piemonte?
Mi sento di consigliare due itinerari. Il primo è un tour che può essere svolto sia in auto che in bici oppure a piedi, offrendo percorsi di diverse lunghezze e difficoltà. E’ il viaggio alla scoperta dell’Astesana, la strada del Vino e del Cibo, un territorio collinare sito a cavallo del Monferrato e delle Langhe.
L’Astesana include quattro percorsi (Strada Del Nizza, Strada del Moscato di Canelli, Strada del Brachetto, Strada della Barbera di Rocchetta) che conducono alla scoperta di altrettante denominazioni tipiche di questo territorio. Sono percorsi dove cantine ed agriturismi si alternano a tappe culturali, come la Fondazione e il Museo natale Cesare Pavese a Santo Stefano Belbo, di approfondimento gastronomico, come il Palazzo del Gusto e agricolo, come il Museo Bersano a Nizza Monferrato.
Il secondo consiglio, invece, ci porta nelle Langhe dei grandi vini (Barolo e Barbaresco) ma anche nei paesaggi mozzafiato, tanto da essere stati iscritti nel 2014, insieme a Monferrato e Roero, a Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
Graziosi borghi storici dominati da imponenti castelli (Neive, Serralunga d’Alba, Castiglione Falletto) o da torri d’avvistamento (Barbaresco) si alternano agli ordinati filari vitati principalmente a nebbiolo e ai belvedere (La Morra) da cui apprezzare, immersi in un quadro, i colori della natura nelle diverse stagioni.
Credit immagine di copertina: Gabriele Ferrero